Skip to main content

Recenti stime hanno calcolato che nell’estate 1944 i partigiani in Italia erano 82.000 e raggiunsero il numero di circa 200.000 al momento dell’insurrezione, nella primavera del 1945. Questa cifra comprende coloro che parteciparono alla vera e propria “resistenza armata” e non quanti, assai più numerosi, fornirono loro protezione e supporto (“resistenza civile”).

Sul fronte avverso militava un numero pressoché uguale di italiani, essendo l’esercito della Repubblica di Salò composto da circa 50.000 effettivi, cui si affiancavano le 150.000 unità della Guardia Nazionale Repubblicana, la milizia di partito.

Fin dall’inizio la Resistenza italiana si mostrò divisa in base all’orientamento politico. I partigiani di ispirazione comunista militavano nelle Brigate Garibaldi, quelli di orientamento socialista in quelle Matteotti, le brigate di Giustizia e Libertà si rifacevano al Partito d’Azione; vi erano anche brigate di ispirazione liberale o di orientamento filomonarchico.

Le formazioni cattoliche, numericamente più consistenti di quanto comunemente si ritenga, erano organizzate nelle Brigate Fiamme Verdi, nelle Brigate del popolo e nelle Brigate Osoppo, oltre ai gruppi del movimento dei cattolici comunisti.

Non mancarono episodi di scontri tra partigiani, soprattutto in Friuli e in Venezia Giulia, dove le formazioni garibaldine agivano spesso in collaborazione con i partigiani comunisti di Tito, la cui intenzione era di annettere Trieste, l’Istria e la Dalmazia alla Jugoslavia. L’episodio più clamoroso avvenne in Friuli, a Malga Porzus, dove nel febbraio 1945 un gruppo comunista trucidò ventidue componenti della Brigata Osoppo, composta prevalentemente da partigiani cattolici, accusati ingiustamente di aver trattato con i fascisti.

DOCUMENTI

Enrico Mattei, L’apporto delle forze partigiane democristiane alla guerra di liberazione, Intervento al I° Congresso Nazionale della Democrazia Cristiana – Roma, 24-28 aprile 1946

Collegamenti esterni