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La resistenza morale e civile – comprensiva di atti di autentico eroismo – compiuta da moltissimi cittadini che non abbracciarono la lotta armata, è uno degli esempi e delle lezioni più importanti che lo studio di queste vicende può offrire.
I cosiddetti “partigiani senza fucile” concorsero in maniera diversa alla lotta antifascista, non sui fronti della guerriglia, ma nella quotidianità delle proprie comunità e dei propri territori.

La Resistenza di Gino Bartali

Una storia emblematica

L’attività del grande ciclista fiorentino nell’ambito della resistenza è stata del tutto singolare. Si è svolta macinando chilometri in bicicletta e trasportando i documenti falsi per gli ebrei perseguitati, preparati sotto la regia dell’arcivescovo Elia Angelo Dalla Costa e del vescovo di Assisi Giuseppe Placido Nicolini, in stretto collegamento con il rabbino capo Nathan Cassuto (altro eroe italiano ucciso dai nazisti nel 1945).
Questa attività, sempre taciuta dal protagonista, è valsa a Bartali la Medaglia d’Oro al Valore Civile, attribuitagli nel 2005, cinque anni dopo la sua morte, dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Dal 2013 è iscritto fra i “Giusti delle Nazioni” allo Yad Vashem, il Sacrario della Memoria a Gerusalemme, insieme con altri italiani (oltre 500) – tutti non ebrei – che ebbero il coraggio di dire di no alla barbarie nazista. Persone che hanno riscattato in parte l’onore dell’Italia fascista alleata dei tedeschi, segnata dalle leggi razziali e dalle persecuzioni.

Secondo gli studiosi, sarebbero almeno ottocento le persone a cui il fuoriclasse toscano contribuì a salvare la vita mettendo la sua bicicletta al servizio della rete di solidarietà e assistenza organizzata dalla Chiesa fiorentina. Bartali trasportò documenti, fotografie e lettere dell’organizzazione clandestina di resistenza all’Olocausto inserendoli nel telaio della sua bicicletta; data la sua notorietà, Bartali non venne mai fermato durante le sue pedalate tra i paesi della Toscana, funzionali alla sua missione nascosta, visto che poteva usare dinnanzi a eventuali sospettosi l’alibi dell’allenamento, e le sue escursioni prolungate in certi casi fino ad Assisi erano autorizzate persino dal comandante del reparto in cui Bartali era stato coscritto dopo l’instaurazione della Repubblica Sociale Italiana. Nell’epoca del travaglio interiore per milioni di italiani, il gesto di Bartali non fu di certo isolato: migliaia di coraggiosi, in gran parte rimasti anonimi, contribuirono a proteggere potenziali vittime della repressione degli occupanti tedeschi da una fine orribile. Tuttavia il caso di Bartali è emblematico se si considerano la celebrità del personaggio e le continue avances portate avanti dal governo fascista, prima della deflagrazione della guerra, per spronarlo a indossare in pianta stabile la camicia nera.

Per approfondire

La voce Bartali Gino nel Dizionario biografico degli Italiani Treccani