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Il Ribelle, considerato uno dei contributi più importanti della stampa clandestina nella Resistenza, iniziò la pubblicazione il 5 marzo 1944, erede di un foglio ciclostilato, “Brescia Libera, nato nel novembre del 1943.

Il suo nucleo fondatore e la sua linea promossero e perseguirono una visione dichiaratamente cristiana, legata al movimento delle “Fiamme Verdi” pur non rifiutando la collaborazione degli altri elementi del Comitato di Liberazione Alta Italia, da cui era sostenuto. Il tratto distintivo era la fermezza delle ragioni morali dell’opposizione all’invasore e il rifiuto di promuovere la violenza in sé, la vendetta e l’odio contro il nemico.

Vennero pubblicati ventisei numeri, diffusi in tutta l’Italia del Nord, e accanto a essi dodici “quaderni” monografici (che cercavano di affrontare in maniera sistematica una visione politica e i grandi temi per la ricostruzione di un futuro ispirato a pace e democrazia). La periodicità fu abbastanza regolare, fra le dieci e le quindicimila copie, stampate prima a Milano, poi a Lecco, ma datate da Brescia, sia per depistare le ricerche da parte della polizia, sia per rispetto del luogo e dell’ambiente culturale di fondazione. Del gruppo che animava la redazione, alcuni furono arrestati e morirono in prigionia: Carlo Bianchi, presidente della Fuci milanese, fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944; Franco Rovida, Rolando Petrini e Luigi Monti scomparsi a Mauthausen all’inizio del 1945; Teresio Olivelli che morirà nel Lager di Hersbruck il 12 gennaio 1945.
Un giornale che testimonia il contributo culturale e di pensiero che alla liberazione è stato offerto dal mondo cattolico, dai suoi caduti, dalla comunità dei credenti che sosteneva i partigiani, dall’opera di quanti soccorrevano i perseguitati.

Teresio Olivelli fu arrestato nell’aprile del 1944. Aveva fatto in tempo a improntare i primi due numeri de “il Ribelle” scrivendo, sotto lo pseudonimo di Cursor, una sorta di manifesto del combattente cristiano:

“Ribelli: così ci chiamano, così siamo, così ci vogliamo. Il loro disprezzo è la nostra esaltazione. Il loro ‘onorato’ servaggio alla legalità straniera fermenta l’aspro sapore della nostra libertà. La loro sospettosa complice viltà conforta la nostra fortezza. Siamo dei ribelli: la nostra è anzitutto una rivolta morale”.
“Lottiamo per una più vasta e fraterna solidarietà degli spiriti e del lavoro, nei popoli e fra i popoli, anche quando le scadenze appaiono lontane e i meno tenaci si afflosciano: a denti stretti anche se il successo immediato non conforta il teatro degli uomini, perché siamo consapevoli che la vitalità d’Italia risiede nella nostra costanza, nella nostra volontà di resurrezione, di combattimento, nel nostro amore”.

Resta, alla fine, un documento che fa parte ormai della coscienza morale dell’umanità, “La preghiera del ribelle”.

“Signore che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce, segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dominanti, la sordità inerte della massa, a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele che in noi e prima di noi ha calpestato Te fonte di libere vite, dà la forza della ribellione…”.
“Dio della pace e degli eserciti, Signore, che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”.

Consulta la collezione digitale conservata presso la Fondazione ISEC di Sesto San Giovanni (MI)

La stampa clandestina – articolo dell’Associazione Fiamme Verdi di Brescia